lunedì 23 settembre 2013

Cosa motiva davvero i collaboratori?

Ho recentemente stilato la lista delle domande tipiche che gli imprenditori mi fanno, nel momento in cui iniziano a farsi seguire da me come consulente. Salvo qualche leggera variazione, a seconda della regione geografica in cui mi trovo o della tipologia di azienda, più o meno le prime cinque sono queste:

1. Quando finirà la crisi? (con la variante ottimistica: "è vero che la crisi è finita?")
2. Come stanno andando le altre aziende? (con aggiunta "in Emilia Romagna", se mi trovo fuori regione)
3. Quali settori stanno andando meglio?
4. Ha senso continuare a stare in Italia? (con variante "non varrebbe la pena trasferirsi in Svizzera/Australia/Brasile...?"
5. Ma come si fa a motivare 'sta gente? (dove per "'sta gente" si intende i propri collaboratori)

Poiché degli altri 4 punti ho già parlato abbondantemente in altri post, oggi mi vorrei soffermare sull'ultima domanda, anche perché ha una rilevanza ben maggiore rispetto alle altre 4.
Innanzitutto esordisco con una prima rivelazione inquietante. Già il fatto di chiamarli in maniera impropria è significativo: 'sta gente, questi qua, i subordinati, 'sta massa di sfaticati... diciamo che non è propriamente come vorrei sentirmi chiamare io dal mio titolare (che, per la grande legge karmica, verrà a sua volta chiamato dai collaboratori: vecchiardo, sclero, sotuttoio, quellolà, l'innominabile...).
Insomma, partendo proprio dall'ABC, in base a come vedi i tuoi collaboratori ci saranno già i primi effetti significativi. Potrei qui citarvi una serie di aforismi molto affascinanti, come spesso amavo fare in passato, per dare più rilevanza a questo concetto. Ma essendo diventato piuttosto pragmatico mi limiterò a dire che se vedi i tuoi collaboratori come degli idioti, di sicuro farai fatica ad ottenere grandi cose da loro. (Ti servono ancora gli aforismi?).

Ma cerchiamo di fare un passetto evolutivo in più, e tentare di comprendere cosa davvero fa la differenza in azienda in termini di motivazione e prestazioni dei propri collaboratori.

Innanzitutto io sono dell'idea che non è la motivazione che porta risultati, bensì il contrario. E' ovvio che serve un buon clima e un po' di sana energia nelle persone e nel gruppo, ma il mito per cui "basta essere motivati per fare grandi cose" andrebbe un po' ridimensionato. Serve ANCHE la motivazione, e se manca le cose si fanno sicuramente più ostiche.
Ai corsi di formazione che ho tenuto in questi anni sulla "Leadership" io stesso, come molti altri miei colleghi, ho spesso fatto riferimento a delle vere e proprie leggi, attinte da alcuni testi "sacri". Erano perlopiù libri scritti alla fine degli anni '90 e da autori stranieri, a cui ci si affidava in mancanza di altro.
In base a queste teorie l'aspetto fondamentale, nella motivazione di un gruppo, consisteva nel dare frequenti riconoscimenti (la famosa "pacca sulla spalla") ai propri collaboratori. A questo si aggiungeva il fatto di coinvolgerli nelle decisioni da prendere e di interessarsi a loro come persone.
Fattori che, va sottolineato, sono in parte veri anche di questi tempi.

Ma ultimamente queste tre azioni non bastavano più, motivo per cui la risposta alla quinta domanda da parte dei miei amici imprenditori rischiava di diventare solo "accademica" e non più realistica.
Quindi ho radunato il mio staff di colleghi e collaboratori con per una "missione impossibile", ovvero scoprire cosa realmente volessero i collaboratori di una piccola o media impresa italiana e non di una multinazionale americana.
Così, armati di grande pazienza, abbiamo cominciato a far fare un sondaggio anonimo a centinaia (375 per la precisione) di persone che ricoprivano vari ruoli, di settori e luoghi geografici diversi. Se siete curiosi, o volete farlo voi stessi, lo trovate qui.

I fattori da noi indicati, per stabilire cosa dovesse fare un leader per essere credibile e carismatico nei confronti dei propri collaboratori, erano in totale 10:


1. Dare certezze sul futuro, mostrando una strategia aziendale nel breve-medio-lungo termine.
2. Essere meno autoritario e creare un clima sereno tra i suoi collaboratori.
3. Coinvolgere le persone nelle scelte aziendali ed accettare i loro suggerimenti.
4. Lasciare libertà d'azione ma mantenere salda la rotta verso gli obiettivi importanti.
5. Premiare economicamente chi si impegna di più.
6. Delegare alle persone giuste e creare opportunità di crescita.
7. Dare riconoscimenti alle persone ed instaurare vera meritocrazia in azienda.
8. Chiarire i valori del gruppo e farli rispettare a costo di risultare severo.
9. Fare lui per primo quel che chiede agli altri.
10. Indicare una meta chiara a tutto il gruppo, condividendola con le persone.

Per ciascuno di questi fattori dovevano indicarci se era un fattore "Fondamentale", "Molto Importante" "Utile", "Trascurabile" o "Inutile".
La cosa interessante è stata far compilare queste risposte anche ad una cinquantina di titolari di piccole o medie imprese, i quali dovevano "indovinare" cosa avrebbero risposto mediamente i vari collaboratori (non i loro nello specifico, dal momento che il sondaggio era totalmente anonimo).
Ovviamente avevano le idee piuttosto confuse.

Gli imprenditori infatti ci avevano indicato quasi tutti il punto 5 e 7 tra quelli che i collaboratori avrebbero indicato come più importanti, ed i punti 1 e 10 tra i meno importanti.

In realtà quello che è emerso è stato questo (cliccate sulla foto per ingrandirla):


Per semplificarvi la lettura dei risultati sappiate che le due voci più votate sono state queste:




Questo risultati li abbiamo esposti in un incontro in cui erano presenti proprio i titolari delle aziende in cui avevamo fatto il sondaggio, e quando sono apparse sullo schermo queste due voci si è alzato in coro un "Oooohhhh" di stupore.
Non erano più i dati asettici di qualche libro americano, erano proprio i loro collaboratori ad aver dato, in maniera piuttosto netta, queste risposte!
E dicevano chiaramente: ti prego, indicaci la rotta! facci capire se sai dove stai andando e come vuoi andarci! e fai crescere chi ti vuole seguire, delegando una parte delle responsabilità per questo arduo obiettivo!
Insomma, non è vero che i collaboratori stanno lì solo per lo stipendio o che non vogliono contribuire. Anzi. Il problema è che chiedono un metodo, ed una volontà che parta dall'alto.

Ma il secondo "Oooohhhh" si è levato quando hanno visto anche quali erano i due fattori che meno rendevano motivate e produttive le persone:




I collaboratori non volevano più soldi, come nell'immaginario collettivo si è portati a pensare, e neppure di avere un titolare che dimostrare di fare (o di saper fare) quello che chiede ai collaboratori.
Poiché nel sondaggio era possibile motivare le risposte, la frase che più spesso veniva aggiunta era: "Lui deve dedicarsi alla strategia, all'innovazione, alla pianificazione finanziaria dell'azienda, non all'operatività".
Ma guarda un po', questi saggi collaboratori...

Ovviamente questo ha comportato per me il gravoso compito di dover cambiare in buona parte i concetti che insegnavo nei miei corsi di gestione aziendale, adattandoli alla realtà vera e non prendendo per buoni i concetti astratti di un libro scritto vent'anni fa.
Certo, qualcuno potrà obiettare che il campione non era numerosissimo, ma è stata talmente netta la prevalenza di alcune voci su altre che dubitiamo potesse cambiare i risultati fondamentali, nel caso gli intervistati fossero stati di più.

Ed infatti i titolari delle aziende che hanno cominciato ad applicare quanto richiesto dai propri collaboratori ci hanno già confermato un notevole miglioramento, che si è concretizzato non solo in prestazioni maggiori, ma anche in un clima più sereno e proattivo. A tutto vantaggio dell'imprenditore, che di pensieri ne ha già tanti e deve poter contare su una squadra di persone desiderose di remare tutte assieme verso una meta comune.

Ma soprattutto ora posso finalmente rispondere, con fare disinvolto, a tutte e 5 le domande classiche dei miei clienti.

Augh!



Nessun commento:

Posta un commento