Blandire e rassicurare è diventata un'attività talmente diffusa dai manipolatori di masse, che coloro che si attentano a proporre una visione un po' più consapevole della realtà vengono visti come individui crudeli e cinici.
Ad esempio una frase tabù, da non dire mai in pubblico se non vuoi rischiare il linciaggio, è che tutta la questione sul diritto al lavoro, soprattutto quello a tempo indeterminato, è una grande bufala.
Vediamo di capire il perché usando la metafora del matrimonio, che ha molte similitudini con un rapporto duraturo di lavoro.
Fermo restando che io stesso sono sposato ed ho trovato giusto consacrare il tutto con un patto che si auspica a "tempo indeterminato", è anche vero che sarei un folle se volessi costringere mia moglie a stare con me tutta la vita sebbene la tradisca, la tratti male o la renda infelice, in virtù di quel patto.
Peccato che nel mondo del lavoro questo buon senso sembri improvvisamente scomparire.
Quindi se io ho un dipendente inefficiente, o che addirittura rema platealmente contro l'azienda, ecco che inizia una penosa guerra col sindacato per la "tutela del lavoratore". Il che porta molti imprenditori ad una alternativa spesso infelice ma obbligatoria, ovvero l'uso dei contratti a tempo determinato.
Non per speculare, ma per tutelarsi.
Qui, tengo a precisarlo, non parlo di multinazionali senza scrupoli che molto spesso hanno solo "il profitto" come unico obiettivo, ma di piccole e medie imprese, in cui ci si conosce tutti, l'imprenditore fa salti mortali per pagare gli stipendi ed il licenziamento viene visto come una vera e propria vergogna per l'azienda.
Inizia così una tortura collettiva, in cui l'imprenditore vive con angoscia e frustrazione il fatto di doversi tenere per forza gente che non fa nulla (o addirittura danneggia), i colleghi di queste persone che non comprendono come possano essere tollerati certi comportamenti (che poi ricadono su loro stessi) e lentamente perdono anche la loro voglia di fare, e in alcuni casi la triste vita di questi personaggi che vivranno per anni in un ambiente ostile, disprezzati da tutti.
Una persona di qualità quasi mai si fa scudo del proprio contratto a tempo indeterminato per imporre la propria presenza a vita all'interno di un'azienda. Perché sa di poter offrire al mercato le proprie competenze e qualità. Così come sarei un folle ad imporre ad una persona che mi odia di rimanere accanto a me, se fossi sicuro di trovare chi mi ama davvero.
Io posso tutelare quanto voglio, ma con le inefficienze le aziende chiudono, e se chiudono non c'è contratto a tempo indeterminato che tenga. A volte tali inefficienze derivano da chi dirige, a volte da chi ci lavora dentro, molto spesso da entrambi questi fattori, che si auto alimentano a vicenda, in un rimbalzo di accuse davvero sterile.
Ovviamente lo status quo, in un ambiente inefficiente, è salvaguardato con le unghie e con i denti proprio da coloro che ne sono i maggiori responsabili. Ogni tentativo di portare organizzazione, meritocrazia, crescita professionale viene visto come un pericolo da combattere fino alla morte.
Ecco il motivo per cui quando si tenta di fare le cose giuste si sprigioneranno le reazioni più strane: persone fino a quel momento "innocue" che improvvisamente cominciano a protestare, oppure collaboratori che hanno criticato per anni l'immobilismo dell'azienda, che poi sono i primi ad ostacolare ogni cosa, ai primi tentativi di cambiamento.
In alcuni casi le inefficienze aziendali diventano delle vere e proprie giustificazioni alle proprie carenze personali. Se tu togli le inefficienze con chi o cosa se la prenderanno?
Secondo la teoria sindacale bisognerebbe salvaguardare anche lui, garantirgli il posto di lavoro, lasciarlo a vita con il suo stipendio. E spesso è proprio quello che accade. Basta l'idea di dover entrare in causa, creare scompigli e spesso dover pagare numerose mensilità per spingere l'imprenditore a procrastinare all'infinito il giorno in cui prendere decisioni delicate.
Nel frattempo il malumore e l'inefficienza crescono, l'azienda va in difficoltà economica e dopo qualche anno l'epilogo è scontato. In questo modo non andranno a casa solo quelli che lo meritavano, ma anche i tanti che non lo meritavano. Ingiustizia per tutti, per la tutela di pochi.
Ora, lungi dal voler attribuire tutte le responsabilità a pochi dipendenti sfaticati (basti leggere i miei numerosi post, tipo questo, per capire come la penso in merito, ovvero che la prima causa va sempre ricercata in chi gestisce l'azienda), dovrebbe far riflette l'accanimento sulla tutela del posto fisso, quando questa tutela non può più essere garantita né dagli imprenditori né tanto meno dai sindacati. Solo la salute dell'azienda tutela il lavoro, e se questa viene meno bisogna capirne le cause, piuttosto che prendersela con la tipologia di contratti offerti.
E per capire le cause bisogna essere disposti tutti, titolare e dipendenti, a comprendere cosa si sta sbagliando e cosa può essere fatto meglio, sia sotto il profilo professionale che caratteriale.
Oppure trincerarsi dietro le proprie convinzioni, sostenute a prescindere dall'evidenza dei fatti.
Scelte...
Nessun commento:
Posta un commento