Nel mio lavoro di “Businessman Angel” devo gestire molto spesso questo genere di lamentele: “Quello lì ha fatto carriera solo perché era più simpatico al titolare”, oppure “Quel cliente ci ha abbandonati al primo errore, seppure dicesse di essere contento di noi” o ancora “questo è il mio (brutto) carattere, i miei dipendenti se ne devono fare una ragione”.
Ebbene tutte queste frasi nascondono un concetto errato di cosa significhi “qualità professionale”, spesso intesa solo come capacità tecnica, esperienza nel settore o erogazione di ottimi prodotti e servizi. In realtà un fattore sottovalutato è quello della “benevolenza” che creiamo attorno a noi, nei confronti di tutti i soggetti che interagiscono con la nostra attività: clienti, fornitori, collaboratori, partner commerciali, colleghi e concorrenti.
Può sembrare un discorso “buonista”, ma chi ha raggiunto ottimi risultati professionali concorda sul fatto che la soddisfazione nel nostro lavoro passa anche attraverso il bene sincero che gli altri ci vogliono. Qualcuno potrà obiettare che molti personaggi ricchi e famosi sono tutt’altro che affabili o benvoluti, ma in questo caso non stiamo parlando solo di successo economico, ma della qualità del tempo che passiamo in ambito lavorativo.
L’esempio più lampante lo troviamo nella benevolenza che un titolare può creare nei confronti dei propri collaboratori, instaurando con loro un rapporto fatto di fiducia, di aiuto reciproco, di comprensione vera e di amicizia. Soprattutto nelle piccole e medie imprese questo fattore incide moltissimo sulle prestazioni e sulla qualità de lavoro svolto. Al punto che un titolare che si fa voler bene riesce spesso a trarre il meglio da chi lo circonda, in termini anche di disponibilità nel fare attività poco gratificanti o nello stringere i denti quando c’è da lavorare più dell’ordinario.
Se un titolare concede ad una mamma un orario flessibile, oppure si interessa del benessere psico/fisico di chi lavora con lui avrà sicuramente più possibilità di vedere queste attenzioni ricambiate. Così come un collaboratore simpatico e gentile avrà più occasioni di crescere o di ricevere aiuto da un collega quando sarà in difficoltà.
Ma la benevolenza è fondamentale anche nei confronti di fornitori o clienti.
Quante volte è capitato che un fornitore mettesse le nostre esigenze davanti a quelle degli altri, in virtù di una bella chiacchierata fatta quando lo avevamo incontrato in fiera, o per una cena offerta quando era venuto a trovarci in azienda? Viceversa, se non abbiamo avuto nessuna premura nei suoi confronti, o lo contattiamo solo per richiedere “piaceri” o per sollecitare la merce, non potremo stupirci se questo atteggiamento produrrà conseguenze negative.
Stesso discorso con i clienti. Come viene recepito un nostro errore se il rapporto con lui è sempre stato amichevole e generoso, rispetto a quando col cliente la relazione è basata solo su contratti, pagamenti e offerta di prodotti e servizi?
Ovviamente la benevolenza non si crea con una singola azione, o solo in alcuni momenti dell’anno, ma è un atteggiamento che dovrebbe accompagnare ogni nostro singolo gesto, dal “come” chiediamo le cose, alla capacità di stupire che abbiamo di fronte con piccoli gesti, a l’atteggiamento positivo che abbiamo anche di fronte alle difficoltà.
Passa indubbiamente attraverso un lavoro anche interiore, poiché non possiamo fingere di essere ciò che non siamo, altrimenti i risultati sarebbero ancora più disastrosi.
Ora chiediti: quanto le persone con cui collaboro mi vogliono bene, hanno grande stima di me come persona e sarebbero felici di fare anche qualche giorno di vacanza assieme?
Da questa risposta capirai anche lo sforzo o la facilità con cui otterrai i tuoi risultati in futuro.
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